Lo scenario principe su cui recita la pittura di Vittorio Carradore è rappresentato dalla campagna che scorre tra le colline pedemontane dei dintorni di Verona. Vittorio Carradore raccoglie la tradizione tonale della pittura veneta che rinnova alla luce delle moderne correnti paesaggistiche europee sorte all’esordio delle avanguardie storiche a cavallo tra ‘800 e ‘900, quasi che una propaggine della scuola bretone di Pont-Aven abbia lasciato i suoi semi fecondi anche nei pressi di San Bonifacio. Osservando l’accesa cromia con cui Carradore veste il paesaggio si coglie infatti lo stupore genuino che accompagna lo sguardo l’artista, che sa scoprire come la luce che inonda la sua campagna sia soprattutto colore. Quella luce sono gli occhi di Carradore, il cui sguardo scende dai suoi cieli di intenso colore per incresparsi nella infinita varietà di verdi, d’aranci, di rosa e di terre che vestono il nervoso disegno di colli, alberi, covoni e tralci di vite. È un inseguire innamorato lo spettacolo della propria terra, sapendone cogliere il senso poetico che il gesto pittorico scopre per offrircene l’incanto. Ma quest’intima penetrazione della poesia dell’esistente non si ferma allo scenario dell’ambiente di campagna, ma nell’opera di Carradore entra anche negli interni di probabili dimore, dove la pittura fa poesia con gli oggetti del lavoro, con gli animali domestici o con i giochi dell’infanzia. Una sorta di tragitto intimo cui la pittura di Carradore restituisce la persuasiva e seducente proposta di come possano essere poeticamente cromatici anche i nostri stati d’animo più quotidiani.

 Carlo Adelio Galimberti,  personale “Ponte Rosso”, Milano, 10/6/2004