Colori, profumi e suggestioni della campagna veneta.
È un mondo raro quello dipinto da Vittorio Carradore, che si assapora osservando le sue opere ma anche frequentando la sua casa, la sua famiglia. Raro perché ricorda i tempi antichi, i ritmi lenti della campagna e quella serenità nella quale si immerge Vittorio per dipingere e che traspare, così dolce, dalle sue opere.
La storia e il corso degli eventi non consentirebbero più di vivere come nell’Ottocento ma nelle opere di Carradore emerge, pur nella loro modernità, proprio quell’atmosfera assorta, pacata e limpida dei tempi trascorsi. E qui sta la magia: se ai primi del Novecento l’uso di colori audaci e di un tratto vibrante, come quello che spesso suggeriscono le sue opere, stavano a indicare l’inquietudine, il male di vivere, la follia, la voglia di sovvertire gli schemi con fragore e irruenza, quegli stessi colori, in Carradore sono invece armonia. Vittorio, infatti, non ha bisogno di lottare per essere riconosciuto nella pittura perché il suo percorso è già destinato a lasciare il segno. È un’artista che racconta col tratto e col colore la sua natura, la sua intimità, il suo essere pittore del silenzio.
Le provocazioni futuriste sono ben distanti dal suo mondo, ben distanti ma vicine perché l’artista è innovatore: ha uno stile suo, una originalità di soggetto e una sua tavolozza cromatica… Carradore dimostra così una capacità intrinseca di raccontare con modernità un soggetto classico, senza snaturarlo, mantenendone l’anima, ma innovandolo nella forma e nel tratto: “poetiche geometrie” che silenziosamente si insinuano nel cuore dell’osservatore. La magia del colore, il gusto innato, sono il filo conduttore, segno evidente della sua arte, riconoscibile sempre. Desiderio di testimoniare la vita attraverso il colore che si fa forma… ma non tragga in inganno la passione e l’abilità di Carradore nel creare cromie così efficaci, perché è proprio da strato su strato che spesso l’artista ci lascia intravedere il segno, il tratto della matita, il solco della grafite sulla tavola rivelano un lavoro preparatorio, la ricerca di un saldo impianto compositivo.
È un artista che non teme il colore; con mani esperte lo distende su tele che sono un’esplosione di sfumature, cromie guidate dall’evolversi delle stagioni. La forza e l’originalità trasmessa dalle opere di Carradore riecheggia l’arte di Cezanne, Gauguin ma anche degli italiani Rossi e Moggioli. Un’arte che si fa pienamente autonoma grazie a una narrazione del colore che muta continuamente registro: Vittorio accosta i colori, fa suoi quei riferimenti storici e artistici, ma si libera, in tutta evidenza, nel sapiente uso di essi. A volte carichi, lucenti e vivi, a volte velati, accennati, accostati in maniera silente e garbata i colori sono protagonisti assoluti. L’evidente predilezione per il paesaggio non nega all’artista l’abile mano di ritrattista moderno, attento al racconto della vita quotidiana: il lavoro agreste, i bambini impegnati nei giochi di un tempo, le donne delle attività artigianali. È il suo mondo quieto e laborioso, a tratti malinconico ma pur sempre sereno. Il percorso artistico di Carradore nasce precocemente, durante l’adolescenza inizia a dipingere, sperimentare, ricercare e si consolida con le prime esposizioni. Dagli esordi a oggi il fascino poetico della sua arte risiede in un’alchimia tra forma e colore: una tavolozza di infinite variazioni che mutano nell’evolversi della giornata, che si trasforma e trasforma i colori, talvolta caldi e talvolta freddi, intensi o leggeri da sembrare quasi delicati acquerelli… così, in un solo sguardo, ci immergiamo in quei luoghi, in quei momenti.
Ripercorre Carradore la nobiltà figurativa di paesaggio, in pieno stile “Novecento”, rifugge dalla frenesia dei tempi attuali, preferisce la purezza della natura, quella ricerca di serenità e di silenzi che tanto mancano oggi e che sono un magico mondo immerso nella sua pittorica poesia.
Federico Martinelli in “Poetiche geometrie in terra veronese”