È nella scia antica della pittura veneta che si sviluppa l’opera di Vittorio Carradore, quel medesimo solco da cui è germinato il più iridescente vestito della pittura italiana. Se in altre regioni il primato l’aveva il disegno perché sapeva scandire le forme dell’esistente, è in questa terra che si è trovato e visto il più affascinante vestito pittorico d’ogni forma. Ed è su questa strada che si innesta il decisivo contributo poetico dell’opera di Carradore, facendo dello strumento cromatico il persuasivo veicolo dei sentimenti che i suoi dipinti suscitano. Un colore che nelle sue tele è protagonista perché, da sempre, è il più avvincente strumento di seduzione artistica.
Carradore non si accontenta della mimesi della natura, ma ci mostra quanto senso è nascosto nell’apparenza d’ogni cosa, e ce lo svela attraverso quel sorprendente vestito cromatico con cui “forma” l’aspetto dei suoi paesaggi o delle sue nature morte. Si, perché si tratta di una scansione luminosa e quindi cromatica dei piani e delle angolazioni che per diversa rifrazione formano l’immagine. Così, infatti, nelle riprese delle vedute del Lago di Fimondove l’acqua diviene occasione per una festa espressiva dalla multiforme iridescenza, come nell’opera Pontile sul lago Fimon dove la nostra vista saltella, felicemente persa, sopra una superficie che abbandona la sterile verosimiglianza del liquido per farsi feconda, variegata e pura pittura.
E così ancora in Dintorni di Vestenanova, dove i turchini del cielo e l’azzurro dei monti, innestano un avvincente dialogo con i colori complementari degli aranci e dei verdi della terra, rivelando così in Carradore il possesso sicuro di una conoscenza della storia pittorica delle avanguardie degli ultimi due secoli. Carradore ne fa tesoro, a cominciare dalle tonalità dei Nabis, proseguendo per Cézanne, ed inoltrandosi quindi nella migliore tradizione figurativa dell’espressionismo europeo.
Ecco allora che l’opera di Carradore sviluppa quella cultura dell’immagine che, benché pretenda una fedeltà alla verosimiglianza ed una riconoscibilità di ambienti, oggetti e personaggi, sa però trasfigurarli nelle seducenti spoglie di una suntuosa ed appariscente cromia. L’artista sa investire il mondo che lo circonda di quella luce irripetibile come è quella che sgorga dalle tinte della propria pittura, sapendo così rappresentare la vita attraverso il più invitante e il più suadente degli inganni che i poeti sanno portare alla nostra ragione, mitigandone l’arroganza ed invitandoci così lungo i suadenti sentieri dei nostri sentimenti.
Carlo Adelio Galimberti, per “Le evocanti cromie di Vittorio Carradore” mostra c/o Galleria Ponte Rosso, Milano